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Itinerario Murano, Burano e Torcello, alla riscoperta dell'antica dimensione territoriale di Venezia
MURANO, BURANO E TORCELLO
ALLA RISCOPERTA DELL'ANTICA DIMENSIONE TERRITORIALE DI VENEZIA
L’itinerario proposto va alla scoperta della parte settentrionale della laguna, percorso popolare quanto obbligato. Tuttavia spostarsi tra Murano, Burano e Torcello, non rappresenta il solo e unico “itinerario d’acqua” della città, perché negli ultimi anni sono state create e potenziate linee del trasporto pubblico che collegano altre isole come la Certosa (che rivive grazie a un progetto di riqualifica entusiasmante che ha permesso l’apertura di una darsena, un centro nautico e una filiale dell’Istituto Europeo del Design), San Servolo con la sua VIU, Sant’Erasmo e Vignole, famose per i prodotti degli orti, Lazzaretto Nuovo con le attività dell’Archeoclub oltre a San Clemente sede di un lussuoso albergo. Alla base della sicura fama di Murano e Burano c’è sicuramente una spiegazione storica: le prime due isole (caratterizzate da conosciutissimi mestieri: vetro e merletti) si sono mantenute popolose ed attive attraverso le varie epoche; la terza, a Torcello, sebbene abitata oggi da poco più di una decina di abitanti, si possono ricondurre le origini di Venezia, e perché si può ammirare uno dei più antichi complessi religiosi d’Europa. In questo percorso si riacquista la visione dell’antica dimensione territoriale veneziana, fatta di acqua e di terra, idea che scomparve nel corso del 1800, quando Venezia venne allacciata alla terraferma mediante il ponte ferroviario. Tutte le isole “minori” non direttamente legate o vicine al centro storico, si trovarono tagliate fuori dalla vita economica e dai contatti, e vennero a poco a poco abbandonate.
MURANO - LINEE 3, 4.1, 4.2, 12, 13, N Murano è la più grande delle isole della Laguna. In circa 10 minuti dalle Fondamenta Nuove, con le linee di navigazione del trasporto pubblico, si raggiunge la prima fermata, Navagero, dove consigliamo di scendere per visitare l’isola a piedi. Lungo il Rio dei Vetrai, da cui parte un itinerario quasi obbligato che conduce al “cuore” dell’isola Murano, si trovano numerose vetrerie e negozietti. Vale come per Venezia, bisogna “farsi l’occhio” per evitare di acquistare oggetti non propriamente locali. Murano ha origini antiche, risalenti all’epoca romana, quando gruppi di famiglie in fuga da Altino e Oderzo nel periodo delle invasioni barbariche si sistemarono qui. L’isola fu chiamata Amurianum (nome di una antica porta altinate), e crebbe nel corso dei secoli come centro commerciale fino ad ottenere, con l’instaurarsi del monopolio dell’arte vetraria, onori e privilegi speciali dal governo della Repubblica di Venezia. Murano ebbe organi di consiglio con potere di legiferare, un corpo di polizia, e la possibilità di coniare le celebri “oselle”, medaglie celebrative in oro e argento con valore di monete che ricordavano nel nome l’antico dono di uccelli da caccia offerto dal doge ai nobili governanti. Alla fine del Xlll secolo un decreto (per via dei pericolosi incendi) stabilì che le fornaci si spostassero da Venezia a Murano. Il consolidamento dell’antica tradizione fece la grande fortuna del vetro veneziano in Europa, soprattutto nel XVI secolo, quando dalle fornaci muranesi uscirono le più sorprendenti invenzioni tecniche ed artistiche, frutto di una sperimentazione incessante, che arrivò a creare, tra tutti, il vetro-cristallo, leggero, trasparente, quasi impalpabile. All’apice del suo splendore, Murano divenne l’isola “della villeggiatura” e della mondanità. Negli orti e nei giardini oggi non più esistenti, chiamati “paradisi terrestri”, si ritrovavano noti artisti e letterati. La crescita dell’isola si protrasse anche nell’800 con un importante sviluppo edilizio, tanto che si interrarono perfino delle aree per costruire due nuove zone residenziali. Mappa alla mano, ci accorgiamo che la planimetria della cittadina ricalca in parte quella di Venezia: nove isole attorno alle quali si snoda un lungo canale. Sul rio dei Vetrai sopravvivono ancora alcune antiche case-fornace di origine medievale, riconoscibili perché erette su portici e perché si possono ancora riconoscere la distribuzione dei locali: residenza del padrone di fornace, officina, deposito delle materie prime. Verso la fine della fondamenta, sulla sinistra, incontriamo la grande chiesa gotica di San Pietro Martire, e più avanti il notevole Palazzo Da Mula, con la facciata ricolma di patere e frammenti delle più varie epoche. Oltrepassato il Ponte Longo si raggiunge il grande Palazzo Giustinian, con facciata barocca, antica sede vescovile che ospita oggi il Museo del Vetro istituito a fine ‘800 con lo scopo di raccoglier le testimonianze della lavorazione del vetro e delle rarità di alcune collezioni (fa parte del circuito dei Musei Civici ingresso scontato con Rolling). 36 Proseguendo lungo la fondamenta e spingendosi oltre il Museo, si arriva alla Chiesa di S.S. Maria e Donato, uno dei complessi religiosi più conosciuti risalente al 1140. Nota per la parte absidale la vera “facciata” della chiesa, quella rivolta verso l’acqua, presenta una fusione di stili architettonici (ravennate, bizantino e romanico). Il meraviglioso pavimento musivo all’interno, quasi un tappeto orientale composto da marmi e paste vitree lavorazione che ricorda molto i mosaici della basilica di San Marco, costituisce la parte originaria del XII secolo. Interessante conclusione dell’itinerario muranese è sicuramente la visita a una fornace, per andare sul sicuro si consiglia di rivolgersi a Promovetro Tel. +39 041 5275074 il Consorzio impegnato a valorizzare l’immagine del vetro artistico di Murano allo scopo di conservare, custodire e difendere l’arte millenaria del vetro di Murano, ed al contempo promuovere, valorizzare e curare una corretta commercializzazione nel mondo di questo importante patrimonio culturale.
BURANO - LINEE 9, 12, N Imbarcandosi dalle Fondamente Nuove sul vaporetto che congiunge Venezia a Burano (circa 40 minuti di motonave) e Torcello (linea T Burano-Torcello), ci si trova, una volta approdati all’isola, in un ampio piazzale alberato. Da qui l’itinerario inizia a snodarsi, infilandosi tra le case variopinte, mentre in lontananza si nota il lungo ponte di legno che congiunge Burano a Mazzorbo. Burano presenta una diversa prospettiva rispetto a qualsiasi altra isola: nessun palazzo vistoso, ma case quasi sempre della stessa altezza, a uno o due piani, tutte dipinte a vivacissimi colori. Qui il colore acquista un’importanza collettiva, e, più in generale, l’atmosfera morbida e rarefatta del paesaggio insulare l’hanno reso un soggetto ideale da ritrarre. Abitata già in epoca romana come le altre isole lagunari, anche Burano raccolse i profughi di Altino a partire dal VII secolo e fu a lungo inclusa nella podesteria di Torcello. Battezzata dai nuovi abitanti col nome di Boreana (una porta di Altino rivolta al vento di Bora), visse a lungo “sottotono” fino all’affermarsi, nel XVI secolo, della lavorazione del merletto ad ago, che divenne col tempo la principale attività dell’isola. La “fortuna” di Burano coincise quindi con un prodotto artigianale elegantissimo, basato su un’originalità di disegni e di “punti” senza pari in Europa, che portarono le donne buranelle a confezionare merletti per le nobildonne e regine. Oggi sono poche le artigiane che si dedicano all’arte del “punto in aria”, creato senza tessuto a sostegno (il nome ne suggerisce la leggerezza impalpabile, il filo sottile come un capello). Lungo tutto il percorso per arrivare alla Piazza si susseguono le moltissime botteghe che vendono i merletti. Costeggiato il rio di Mezzo lungo fondamenta San Mauro, si arriva alla Via Baldassare Galuppi. Il più celebre cittadino di Burano, soprannominato per i suoi natali “il Buranello”, era un musicista del Settecento (visse tra 1703 e 1785) che compì studi fondamentali sulla musica dell’epoca. Si aprono lungo la via, oltre agli incessanti espositori di trine e pizzi, panetterie e pasticcerie che vendono i bussolai, i dolci locali a forma di ciambella. Nella Piazza Galuppi troviamo il cinquecentesco Duomo di San Martino e l’Oratorio di Santa Barbara a fianco, del 1600, un antico ospizio. Il campanile del Duomo, sei-settecentesco, spicca sulla Laguna circostante per la sua notevole altezza e per l’accentuata pendenza, dovuta ad un cedimento nelle fondazioni, consolidate da un accurato restauro. Sempre sulla piazza si trovano gli unici palazzi gotici di un certo rilievo, con trifore trecentesche, uno dei quali era sede del podestà in carica all’isola. All’interno sono oggi collocati gli uffici del Municipio e la Scuola-Museo dei Merletti, che racchiude una storia particolare.
Il Museo e Scuola dei Merletti (fa parte del circuito dei Musei Civici ingresso scontato con Rolling) in Piazza Galuppi ospita le ricamatrici che cercano di mantenere e divulgare l’altissima qualità del manufatto, compromessa dalle imitazioni sintetiche. Ai disegni moderni si accompagnano gli antichi motivi geometrici e figurati, floreali e zoomorfi; arabeschi e intrecci suggeriti dalle forme di coralli, alghe e licheni. Nel Museo si trovano veri e propri capolavori di questa lavorazione, che coprono un arco di più di tre secoli: tovaglie d’altare, vestine da battesimo, ombrellini parasole, ventagli, scarpette; tutti i capi e gli oggetti rivelano la destinazione d’uso: i corredi e gli arredi di casa ma soprattutto l’abbigliamento elegante e “alla moda”, di cui i merletti sono stati complemento indispensabile per secoli.
TORCELLO - LINEE 9, N Provenire dalle vivaci, popolose Murano e Burano, o da Venezia, e approdare a Torcello, immersa nella solitudine della parte più interna della Laguna, significa provare la strana impressione di visitare una città fantasma. Una volta scesi dal battello, l’itinerario è obbligato: una stradina accompagna il percorso di un canale (nessuna calle: si tratta di un’unica, lunga fondamenta) snodandosi tra campi (molti) e case (poche), fino ad arrivare ad uno slargo che conduce alla “piazza” di Torcello, in realtà uno spiazzo erboso irregolare. Qui era la città: il verde dei prati e degli orti circonda i monumenti superstiti. Di Torcello colpisce il contrasto tra l’aria generale di piccolo borgo, parte coltivato e parte abbandonato, e le emergenze architettoniche, a volte sontuose (i grandi edifici religiosi) o inquietanti (il ponte del diavolo). Sono costruzioni importanti, che si comprendono solo evocandoci gli antichi fasti della città, i cui 30.000 abitanti (tanti sembra ne contasse, altri dicono 50.000) giustificavano la presenza di un tal imponente complesso sacro, e dell’unico ponte medievale rimasto. Oggi il breve itinerario che si compie per arrivare alle chiese passa accanto al famoso “ponte del diavolo”, senza parapetti su bassa arcata e con pochi, larghi gradoni (una leggenda vuole che sia stato costruito nel corso di una notte, per opera diabolica), alcune locande, poche case ed un ponte, per trovarsi nella piazzetta, di fronte ad una grossa seduta in marmo chiamata la “carega de Atila”, cioè trono di Attila, forse il seggio da cui, in passato, l’autorità locale amministrava la giustizia. I due palazzetti gotici che fronteggiano le chiese, sedi dell’antico governo, il Palazzo dell’Archivio (ingresso scontato con Rolling) sopravvivono accanto ad un portico che raccoglie edicole funerarie e vari frammenti d’epoca romana, per la maggior parte provenienti da Altino. Senz’altro meritevole di una visita è la Cattedrale Santa Maria Assunta, forse il più antico monumento veneziano (sembra sia del VII secolo), precedente di ben due secoli la stessa Basilica di San Marco. Venne ricostruita nel IX e ancora nell’XI secolo, epoca di cui conserva l’aspetto e il campanile, un’ imponente canna in mattoni visibile da molto lontano. La chiesa venne allungata ed alzata, e sotto il presbiterio venne ricavata la cripta. Due botole ci permettono di ammirare, sotto l’attuale pavimento, i resti di quello più antico. Lo stile della chiesa è veneto-bizantino: a esterni rigorosi e disadorni corrispondono interni impreziositi di mosaici e decorazioni: la transenna in marmo dell’iconostasi, coi plutei scolpiti a pavoni e leoni affrontati; i capitelli intagliati a traforo; soprattutto i bellissimi mosaici di varie epoche che rivestono absidi e parete d’ingresso, tra i quali spiccano la figura della Vergine immersa nel catino dorato dell’abside centrale e “l’agnello mistico” a fianco, ispirato a composizioni ravennati. Tra tutti però predomina il celebre mosaico del “Giudizio Universale”, che campeggia sulla parete di fondo. Un’immensa composizione datata tra XI e XIII secolo, suddivisa in sei zone che “raccontano” i diversi episodi di cui Cristo è protagonista, fino a rappresentare con impressionante immediatezza le scene dei tormenti infernali riservati ai dannati, e suddivisi nei vari “gironi” di pena. L’espressiva descrizione apocalittica, quasi una pagina dantesca, si traduceva così in un severo ammonimento morale per tutti i fedeli.
Una curiosità: sul fianco della chiesa sono ancora visibili le originali chiusure delle finestre centinate costituite da grandi lastroni in pietra. Accanto alla Basilica Santa Fosca, a pianta centrale e senza cupola (mai eseguita), circondata dal portico ottagonale, risale all’XI - XII secolo. È quindi quasi contemporanea alla Basilica di San Marco. Notevoli sono le absidi della chiesa, che ricordano quelle di San Donato di Murano: due ordini di arcate cieche fasciano l’abside maggiore; caratteristico è il coronamento in cotto a “denti di sega”, triangolari. All’interno l’aula è quadrata, e va serrandosi verso l’alto: uno spazio essenziale che esprime un’astratta sacralità, in armonia di equilibrio tra forme e luce.